Anche nel nostro mondo iperconnesso esistono comunità che vivono in una sorta di perenne sospensione spazio-temporale. Comunità come quella amazigh raccontata in House in the Fields da Tala Hadid, protagonista ieri della consueta Ora del té al Festival Center.
Nell’incontro moderato da Alessandra Speciale e Giuseppe Gariazzo, la regista ha raccontato il suo viaggio nel microcosmo dell’Alto Atlante marocchino e l’incontro con i barberi che abitano quella regione montuosa. “Un film che spesso parla attraverso i silenzi che lo punteggiano”, ha spiegato la codirettrice artistica del Festival Alessandra Speciale, “e che trova il proprio punto di forza nel costante dialogo tra la telecamera e i soggetti ripresi”.
Ben lontana dall’essere una semplice indagine antropologica, l’opera, in concorso nella categoria lungometraggi, si rivela quindi un percorso attraverso la vita di uomini e donne che, come ha spiegato la regista, “considerano Marrakech un mondo lontanissimo, figurarsi l’Occidente, e che vivono nella malinconia tipica di chi ha un profondo senso del tempo e del suo scorrere inesorabile”.