Africiné propone due interessanti contributi sul tema della Primavera Araba. Nel primo si mette l’accendo sull’interesse che l’industria culturale sta riservando a questa zona del mondo, e ai suoi film vecchi e nuovi. Ci si sofferma però sul rovescio della medaglia di un interesse che sarebbe giunto fuori tempo, e spesso con un’attenzione sul contesto che fa perdere quella verso i film intesi come prodotto artistico.
Restando in tema, ma parlando invece più direttamente dei film della Primavera Araba, sempre Africiné ha pubblicato qualche giorno dopo un altro articolo che potrebbe essere definito come una “guida minima” sull’argomento. E nel caso dell’Egitto si menziona Tahrir, che avremo al Festival, come miglior film di questo filone.
La conclusione dell’articolo:
Cerchiamo di essere chiari, non si tratta di film “da cinema”, di opere creative, ma la storia ha fornito il prototipo di una nuova visione. Non che la distanza si sia completamente e definitivamente abolita, ma la ribalta si è spostata, divenendo sia più sottile che mobile. Come questa rivoluzione, a prescindere dal suo esito immediato, aprirà la strada per una revisione delle strutture politiche e sociali a lungo termine, le immagini della rivoluzione indicheranno la via a partire dalla quale si formerà il futuro panorama cinematografico.