Il Festival ha aderito alla campagna #BringBackOurGirls, per sostenere la liberazione delle studentesse nigeriane rapite il mese scorso. Proprio ieri abbiamo ospitato la presentazione di La vita ti sia lieve, di Alessandra Ballerini, del quale pubblichiamo alcuni estratti che si riferiscono a storie legate a giovani donne migranti.
Anche Beauty, una ragazzina di 16 anni, ha delle domande: anche ei ha un fratello da cercare e ci chiede aiuto. Il fratello l’aveva protetta e salvata quando la sua bellezza iniziava ad attirare troppe, indecenti attenzioni.
In Nigeria, se hai 15 anni, sei femmina e non hai dei genitori in grado di proteggerti, diventi facile preda dei trafficanti di schiave. Ma Beauty ha un fratello maggiore che riesce a salvarla, portandola in Libia. Poi scoppia la guerra e da un giorno all’altro Beauty perde le tracce del fratello. Non lo vede dal febbraio scorso, quando erano insieme a Misurata. Lui si chiama Mose e ha 23 anni. E vorrei tanto che qualcuno mi dicesse che è vivo e dove si trova: vorrei poterlo dire a Beauty per vederla aprirsi in un pianto di gioia. Mi piacerebbe, per una volta, parlare di vivi, anziché di morti, coi vivi.
…
Quando ci siamo incontrate la prima volta nel mio studio, era accompagnata da un uomo.
Si vergognavano entrambi.
Lui italiano di mezz’età, anonimo e un po’ dimesso. Lei bellissima, alta almeno un metro e ottanta, lunghi capelli intrecciati, occhi color ebano come la pelle. Sguardo in trappola. Joy è nigeriana e ha 18 anni, quando è entrata in Italia ne aveva 16. Come le altre sue connazionali, non sapeva cosa avrebbe dovuto sopportare nel nostro paese. È stata venduta e messa in strada: carne da sesso.
Ma lei non me ne parla. E lui neanche. Lui è un suo cliente che sotto la carne ha un’anima e sotto le carni riconosce ancora le persone.
…
Le protagonista è lei, la mamma. È venuta in Italia dalla Nigeria cinque anni fa, a Benin City ha lasciato le tre figlie affidate agli zii che vivono nell’appartamento a fianco al suo. Princess lavora quattordici ore al giorno, lavora e risparmia. I risparmi si trasformano in cibo e libri per le figlie, nella speranza di una nova vita insieme.
La figlia grande studia e sogna l’Italia. Ma non ha fatto i conti con la sua bellezza e con le attenzioni che questa suscita sulla mafia locale, quella mafia che commercia donne.
La mamma, il cuore di mamma, conosce i pericoli della sua città e chiede agli zii di vegliare sulle figlie. Una serà però i trafficanti di donne fanno irruzione in casa erapiscono la figlia, la più grande, la più appetibile. La portano in Grecia, la buttano su un marciapiede in modo che la fabbrica del sesso inizi a produrre.
“Mamma!”, è l’invocazione d’aiuto di Ruth, e la mamma risponde. La mamma diventa tutto, si trasforma in ogni cosa: investigatrice, poliziotta, clandestina, eroina, criminale. Tutto per salvare la figlia. E così inizia a telefonare, incontra gentaglia, rintraccia i traficanti, si indebita, recupera decine di migliaia di euro, raggiunge i rapitori in Grecia, paga e libera in un abbraccio la figlia.
E poi le procura un documento falso per farla scappare con lei in Italia – perché i rapitori hanno ancora il suo passaporto e la polizia greca non è gentile con iclandestini -, e rientra come una clandestina, lei che ha il permesso di soggiorno da anni. Qui, al confine, ovviamente la scoprono subito, perché,come tutti gli onesti che trasgrediscono, porta negli occhi, visibile a chiunque, la vergogna della colpa. Davanti alla polizia italiana la mamma si assume tutte le responsabilità, lascia indenne la figlia, la salva ancora. Rischia accuse pesanti per falso e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Oggi sono da me, a tentare di rimettere tutti i tasselli a posto, perché i colpevoli, quelli veri, quelli senza vergogna, vengono fermati. Perché lei, la mamma, ha paura per le altre due figlie ancora in Nigeria e poi perché è una mamma: ha paura per tutte le figlie, di tutti.
Liberate dal racconto, mamma e figlia si guardano. “Chi ha mamma non trema”, mi scappa detto. Princess mi guarda incuriosita. Le spiego che è un detto con cui la mia, di madre, mi ha da sempre sostenuto nelle difficotà. Lei annuisce, prende la mano della figlia e ripete: chi ha mamma non trema.